Secondo lavoro? Non ci trovo nulla di male

Colloquio per diventare Auror

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  1. Kety100
     
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    Avevo sempre odiato i test. Non intendevo solo i test scolastici, in cui i professori si sentivano sempre autorizzati ad utilizzare tutto il proprio potere e fartela pagare per tutto quello che hai fatto nella tua vita … no, io odiavo proprio tutti i tipi di test: perfino quelli in cui non dovevo fare assolutamente nulla. Così quella notte avevo dormito poco e male, girandomi e rigirandomi nel letto nel vano tentativo di convincere Morfeo a prendermi fra le sue braccia. Alla fine avevo rinunciato e, preso un libro fra i tanti sul comodino, l’avevo aperto più o meno a caso e avevo iniziato a leggerlo. Dopo dieci minuti mi ero resa conto che era perfettamente inutile: continuavo incessantemente a leggere la stessa riga senza capire una sola parola. Oh, giusto, succedeva perché quel libro era in giapponese ed io non capivo nulla di quella lingua … chissà com’era finito li. Alla fine il libro era tornato tranquillamente sul comodino ed io ero scesa per farmi una cioccolata calda, in barba alla linea a tutte quelle cose che la gente si ostinava a definire buone e salutari … io avevo voglia di cioccolata e guarda caso ne avevo ben ventiquattro gusti in dispensa, quindi chi poteva impedirmelo?! Attendere che la miscela fosse pronta mi fece quasi perdere la voglia, ma dopo un quarto d’ora – erano le tre di notte, io che altro avevo da fare? – la mia cioccolata era bella tranquilla all’interno una tazza bella grande, io avevo atteso che il composto diventasse esattamente della sfumatura che volevo, avevo ricontrollato tre volte le dosi e otto gli ingredienti per assicurarmi che non ci fosse nulla di strano … onde evitare problemi avevo un bezoar proprio davanti a me, dove potevo prenderlo con facilità al minimo accenno di pericolo. In effetti, non riuscivo proprio a ricordare quand’era stata l’ultima volta in cui ero uscita senza quella pietruzza in tasca, facilmente raggiungibile in pochi istanti. Sebbene l’avessi preparata io e mi fossi assicurata in molti modi che fosse perfettamente sicura, attesi qualche istante prima di berla, rimescolando la sostanza densissima con il cucchiaino e poi praticamente limitandomi a bagnarmi le labbra e a leccarle, la mano posata sul bezoar che tenevo già fra le dita, pronto all’uso … non accadde nulla, e ad ogni sorso mi tranquillizzai lievemente, convincendomi che nessuno poteva averci messo del veleno o qualcosa del genere nei tre, brevissimi secondi in cui mi ero frugata nella tasca del pigiama per prendere la pietra. Sta di fatto che alla fine della cioccolata mi sentivo molto più rilassata e pronta per andare a dormire di qualche ora prima … arrivata in camera tuttavia esaminai attentamente tutti i segnali che mi mandava il corpo: ogni volta che bevevo o mangiavo durante la notte mi veniva un leggero mal di pancia, qualcosa di cui faticavo addirittura ad accorgermi se non stavo attenta, ma in ogni caso ingoiai il bezoar e ne presi un altro dalla mia scorta quasi infinita, mettendomelo in tasca. Tanto coltello e bacchetta erano già sotto al cuscino, quindi … posizionai con attenzione la bacchetta finta sul comodino e finalmente mi addormentai, senza più pensare al giorno dopo e a ciò che mi attendeva.
    La mattina dopo mi alzai alle sei, con solo tre ore e mezzo di sonno alle spalle e una tale voglia di girarmi e tornare a dormire che fui costretta a fare la doccia due volte prima di svegliarmi – e riuscii comunque a cercare di infilarmi i jeans nelle braccia.
    Non importava: mezz’ora dopo ero fuori casa, una canottiera scura addosso, un giacchetto nero con le tasche piene di oggetti – uno di quelli che possedevo in serie e che mettevo con qualunque tempo, dalla pioggia al sole cocente che in Inghilterra tanto non c’era quasi mai – e lo stesso paio di jeans che avevo cercato di infilarmi al posto della maglia … che dire? Ero stanca. Dopo aver messo un paio di anfibi scoprii piena di sorpresa che … non ero in ritardo! Mi sentii una gran brava persona prima di smaterializzarmi direttamente nella sala d’ingresso del Ministero, avviandomi verso l’ufficio del Capo Auror.
     
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    Quella mattina doveva alzarsi per andare a fare il colloquio ad un'aspirante Auror, una certa Katrina Moonstone. Il nome sembrava russo, il cognome invece era anglosassone. Jason, quel giorno, aveva fatto il turno notturno. Ultimamente i due avevano turni di lavoro così diversi, che si vedevano a malapena e il loro unico metodo di conversazione, oltre a lasciarsi qualche biglietto in casa, era quello di parlarsi con la mente. La sera precedente si era addormentata non appena messa la testa sul cuscino, troppo stanca per fare altro, tuttavia alle sei del mattino era già in piedi, puntuale come sempre per arrivare a lavoro in perfetto orario. Aveva riposato bene e non sembrava uno zombie come al solito, cosa che le fece molto piacere, perchè aveva la certezza di aver recuperato le forze.Andò a farsi una doccia per schiarirsi le idee, poi si vestì in modo semplice: Jeans, maglia viola a maniche lunghe e un paio di scarpe di ginnastica, in vista del luogo in cui avrebbe portato l'aspirante Auror per la prova pratica. Scese in cucina e preparò una proficua colazione, per lasciare qualcosa a suo fratello, di turno al S.Mungo.
    Decise di usare la metropolvere per arrivare direttamente al ministero, e più precisamente nel suo nuovo ufficio. Era riuscita a diventare Auror da sola, con impegno e determinazione e la cosa le dava molte soddisfazioni, anche se non poteva negare di avere un po' d'ansia per il suo primo colloquio, anche se l'esaminatrice le aveva dato tutte le idee e i consigli per un colloquio eccellente. Si sedette sulla sedia e attese così l'arrivo di Katerine.
     
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  3. Kety100
     
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    Mi piaceva pensare di non essere neanche a metà strada nel – si sperava lungo – cammino che mi avrebbe portata inesorabilmente verso la fine. Un’altra cosa strana di cui mi illudevo era l’essere in realtà migliore di ciò che mostravo alla gente … in molti avrebbero voluto essere me (grazie tante!), ma quasi nessuno sarebbe stato disposto a tollerare un briciolo di quello che sopportavo io: gli “altri” non sembravano in grado di prendere una battuta un po’ pesante sul ridere, di sorridere di fronte ad un insulto, di non dare peso a ciò che dicevano gli altri. Ricordavo che quando ero piccola – uno dei pochi ricordo in cui pensavo al singolare, come se io ed Anjie non fossimo la stessa persona ma due entità distinte – un giorno mi ero messa a piangere disperatamente senza una ragione apparente, presa da una tristezza improvvisa ed insensata dovuta probabilmente alla mancanza di mia sorella. Se fossi stata solo un po’ più grande sarei stata rimproverata aspramente, anzi avrei dovuto affrettarmi a scusarmi ed evitare di farmi notare per il resto della settimana – avrei imparato solo molto più tardi il complesso meccanismo di auto-punizioni che vigeva fra i Moonstone –, magari mangiando in cucina per la servitù, oppure non mangiando affatto, fino ad aver cancellato l’onta di un paio di lacrime versate per disperazione. Ma ero ancora una bambina, e se non facevo troppo rumore e provavo almeno a nascondermi piangere era concesso … a patto che non mi aspettassi di essere consolata, ovviamente! Era ritenuto disdicevole il disturbare una persona nel proprio dolore, senza contare il fatto che nessuno poteva perdere minuti preziosi con una bambina capricciosa. Tutt’oggi non capisco se fosse per pura e semplice mancanza di tempo, oppure perché nessuno in realtà avrebbe saputo cosa dire … eccetto Dimitri, un mio lontano cugino, che mi aveva presa per mano e mi aveva portato fuori, dove per una volta splendeva il sole e il cielo era chiaro e limpido come può essere solo nel nord. Non mi chiese nulla, né perché stavo piangendo ne altro, ma allora ricordavo ancora alla perfezione le sue parole:
    “Kat, guarda in alto e dimmi: il cielo è più bello quando piove o quando c’e bel tempo?”
    Cosa avrei mai potuto rispondere, eccetto un leggero “bel tempo”? Sebbene infatti anche le giornate di pioggia avessero un loro fascino, indubbiamente il cielo era più bello quando il sole vi splendeva allegro.
    “I tuoi occhi hanno sempre avuto il colore del cielo Kat, e così quelli di tua sorella … quindi devi sempre sorridere, no? Così saranno ancora più belli”
    Aveva ragione, e per anni avevo sentito la necessità di sfoggiare gli occhi azzurri della mia famiglia quasi come un talismano come se la mia vita stessa dipendesse da questo, imparando che sebbene il sole non potesse spendere sempre sempre – era impossibile, ci arrivavo anche io dal basso dei miei cinque anni – magari potevo fare in modo che almeno gli altri pensassero. Perfino quando ero stanca, arrabbiata e delusa, anche quando gli altri provavano a prendermi in giro per un motivo qualsiasi, scelto fra i tanti argomenti a loro disposizione: io dovevo sorridere. Volevo essere un raggio di sole nella vita di chiunque, l’allegro tornado che mette le cose in disordine, imprevedibile ed imprevisto, capace di arrivare ed andarsene con la medesima rapidità … per questo avrei sempre continuato a sorridere e a scherzare, anche quando magari mi sarei sentita un po’ giù. Com’era quel detto? “Aiutati che Merlino ti aiuta”? Mi sembrava veramente un’ottima filosofia.
    Tuttavia potevo concordare con chiunque che diventare Auror – realizzare il sogno di quasi tutta la vita – fosse un passo importante nella mia vita … abbastanza importante da seccarmi la gola e rendere la mia mente pericolosamente vuota non appena poggiai le suole degli anfibi sulla moquette del corridoio del secondo livello … scappare e fare finta di niente mi sembrava veramente un’ottima idea in quel momento ma – aimè! – avevano già registrato la mia entrata e sarebbe stato quantomeno imbarazzante spiegare più tardi. Chiusi gli occhi, scossi la testa e sorrisi: se anche fosse andata male lavoravo al Madama, e di sicuro non erano i soldi il mio problema … la mia autostima ne sarebbe uscita un po’ ammaccata, ma che importava? Speravo solo che alla nuova capo auror non piacessero troppo le pozioni, altrimenti ero fritta. Alzai la mano chiusa a pugno verso la porta e bussai …

    Bene, o la va o la spacca
    Pensai attendendo la risposta.
     
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    Mi ero seduta da poco sulla mia nuova scrivania, era strano essere lì seduta, infondo ero giovane avendo solo 21 anni.
    Era riuscita nel suo intento di seguire le orme di famiglia, era riuscita ad arrivare al livello del nonno Axel, il padre aveva voluto rimanere un semplice Auror, lei veva voluto fare di più riusciendo a diventare il Capo degli Auror alla sua giovane età.
    Era persa nei suoi pensieri quando sentì bussare alla porta, bene la candidata per il poso da Auror era arrivata, Katrina Moonstone disse:


    "Avanti"

    La porta si aprì e si trovò davanti una donna con dei cappelli corti neri, gli occhi castani ed ad occhio e croce aveva forse 2/3 anni in più di lei.
    Le fece cenno di accomodarsi su una delle poltrone davanti alla scrivania e le disse:


    "Benvenuta signorina Moonstone, direi che possiamo iniziare col la prova per il suo posto da Auror!
    Inizi pure col dirmi perchè vuole fare questo lavoro e in cosa era brava ad Hogwarts e quali sono le sue attitudini.
    Le posso offrire qualcosa da bere intanto?"


    Ora toccava alla Signorina Moonstone parlare e darle delle buone motivazioni per farla entrare negli Auror.
     
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  5. Kety100
     
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    Mi lisciai la maglia e continuai a fissarmi l’interessantissima punta degli stivali, mentre aspettavo il permesso di entrare, o almeno invito o qualcosa di simile. Un segno, un miracolo, un’esplosione … probabilmente in quel momento avrei accolto a braccia aperte qualunque cosa. Avevo sentito che la Capo Auror era relativamente giovane e “nuova”, diciamo, o almeno era stata assunta da poco. Da quello che avevo capito, ero la prima cui faceva un colloquio … non sapevo se essere contenta o triste, ma andava bene lo stesso, entro poco sarebbe finito tutto. E almeno avevo visto l’ufficio auror dall’interno. Fortunatamente sentii un “avanti” dall’altro lato della porta e mi affrettai ad entrare, sentendomi improvvisamente padrona di me … ero nata per avere l’adrenalina a mille, ed in quel momento avevo quasi raggiunto il limite massimo; mi chiusi la porta alle spalle, accomodandomi dall’altra parte della scrivania, osservando incuriosita quello che sarebbe potuto diventare il mio capo: una donna giovane, piuttosto carina, dall’aria decisa. Mi piaceva la ragazza, forse aveva qualche anno in meno di me, ma poco male.
    “No, non bevo mai nulla non abbia visto preparare. Scusi la paranoia.
    Sono qui perché amo il pensiero di poter aiutare qualcuno … è un pezzo che mi guardo attorno e mi lamento di come vanno le cose, dico che alcuni non fanno abbastanza e simili. Ad Hogwarts sono sempre stata brava in DCAO, incantesimi e tutto ciò che richiedesse una bacchetta, inoltre ho alcune esperienze come guardia del corpo … così ho deciso di fare qualcosa di concreto per il mondo magico e smettere di lamentarmi. So orientarmi piuttosto bene e, a quanto pare, ho una spiccata capacità di sopravvivenza. Qui ci sono i miei MAGO e GUFO e le mie referenze”

    Le porsi con tranquillità un fascicolo. I voti erano solo una piccola parte: vi erano alcune esperienze, la laurea babbana in lingue – finita li quasi per caso, lo ammetto – e altre scartoffie che personalmente odiavo ma sembravano piacere un sacco agli altri. Incrociai le gambe sotto al tavolo senza accavallarle, seduta proprio sulla punta della sedia, come se dovessi scattare in piedi da un momento all’altro.
     
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    La Signorina Moonstone era entrata e si era accomodata davanti a me e aveva declinato il mio invito a bere qualcosa, ognuno aveva la sua paranoia e non l'avrebbe presa sul personale.
    L'aspirante Auror disse che aveva scelto questa occupazione perchè amava il pensiero di poter aiutare qualcuno, si guardava intorno e si lamentava di come andavano le cose e che alcuni non facevano abbastanza.
    Ad Hogwrts era sempre stata brava in difesa contro le Arti Oscure, Incantesimi e qualsiasi materia richiedesse una bacchetta.
    La candidata davanti a me disse che aveva alcune esperienze come guardia del corpo e poi aveva deciso di fare qualcosa di concreto per il mondo magico e smettere di lamentarsi, disse anche che sapeva orientarsi piuttosto bene e che aveva uno spiccato senso di sopravvivenza, poi mi allungò un fascicolo dove c'erano i suoi voti scolastici, alcune referenze su precedenti lavori e una laurea in lingue del mondo babbano, beh parlare le lingue era una cosa importante per parlare con i diplomatici di latri paesi.
    Alzai lo sguardo verso Katrina Moonstone e le chiesi:


    "Direi che sono buone motivazioni per diventare un Auror, ma ora passiamo ad un altra domanda.
    Sa dirmi come si prepara un Veritaserum, gli effetti che produce su chi lo ingerisce e come lo può riconoscere?"
     
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  7. Kety100
     
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    Ero entrata, mi ero accomodata ed avevo rifiutato di bere un the offerto dal capo. Avevo risposto ad una domanda di circostanza sul perché volessi diventare Auror – mah, non saprei, pensavo di distruggere il Ministero dall’interno … le sembra una cattiva ragione? – e poi le avevo passato un fascicolo. A quel punto si supponeva iniziasse il test, giusto? Giusto, cento punti! Mi aspettavo quasi che un applauso registrato mi partisse dentro la testa, ma subito venni assorbita dal pensiero del Veritaserum. Pozioni non era mai stata la mia materia preferita, né quella in cui riuscivo meglio – era fin troppo facile far esplodere le cose – ma fino a quella pozione ci arrivavo … o almeno speravo. Mi presi alcuni istanti per raccogliere le idee, poi risposi.
    “Il Veritaserum è anche conosciuto come il “siero della verità”, perché è proprio questo il suo effetto: costringe colui o colei che lo ingerisce a dire solo il vero … o meglio, tecnicamente si limita ad impedire di mentire. Tre sole gocce sono sufficienti per costringere chi lo beve a svelare i suoi più intimi segreti. Essendo il siero della verità più potente al mondo il suo utilizzo è strettamente controllato dal ministero della magia, i suoi ingredienti sono Sciroppo di Elleboro (550 ml), Sangue di drago (150 ml), Mandragola (200 gr), Zanne di Serpente (150 gr), Aconito (200 gr) e Artemisia (150 gr).
    Il sangue di Salamandra viene fatto sobbollire per 27 giorni con l'aggiunta di mezzo litro d'acqua ogni 24 ore, questo permette che il continuo calore non carbonizzi anche il calderone. Poi le zanne di serpente vanno pestate finemente nel mortaio con un pestello di marmo ed aggiunte sin da subito al composto. In seguito bisogna dividere lo sciroppo di elleboro in due ampolle: una che ne contenga 150 cl e l`altra che ne contiene 400. Quella da 400 cl va poi ulteriormente divisa in 24 parti uguali, producendo tre gruppi da otto e aggiungendo ad ogni gruppo uno solo degli elementi in polvere tra asfodelo, mandragola o artemisia, che vanno però divisi ognuno in 9 porzioni identiche perché i 150 cl di sciroppo di elleboro vanno ulteriormente divisi in tre porzioni da 50 cl ognuno a cui va aggiunto per ogni porzione la dose in più rimasta delle tre polveri.
    Nei ventisette giorni di preparazione si versa ogni giorno una fialetta nella pozione che sobbolle, lasciando le tre di quantitativo maggiore per gli ultimi tre giorni del ciclo lunare. Ogni volta che si fa un'aggiunta è vitale rimestare il composto in senso antiorario per sette volte o un multiplo di sette, qualora sia necessario mescolare ancora.
    Nell'aspetto la pozione si presenta completamente trasparente. Se non fosse per una densità leggermente maggiore sarebbe completamente identica all'acqua. Per poterle distinguere basta far scivolare il liquido sulle pareti del contenitore. Coesione ed adesione alle pareti sono maggiori rispetto a quelle dell`acqua. Questa somiglianza con l'acqua è comunque inutile ai fini del camuffammento, considerando che è una pozione inodore che, una volta pronta, può essere miscelata ad altri liquidi senza che perda le sue proprietà.”

    Mentalmente ringraziai sia la mia memoria fotografica sia la mia ossessione per certe cose, come ad esempio l’essere avvelenata o costretta a dire sempre la verità senza accorgermene … decisamente avevo imparato alla perfezione la lezione e la applicavo costantemente. Ma cosa volete farci? Ognuno ha le sue ossessioni.
     
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    Wow la Signorina Moonstone sapeva il fatto suo, speravo con questa domanda di metterla un attimo in crisi visti i suoi voti in pozioni, ma a quanto sembra sapeva bene quello che le interessava nel caso le volessero far dire la verità contro la sua volontà.
    Ascoltai attentamente quello che disse era tutto giusto nei minimi particolari!
    Beh ultima domanda teorica e poi passavano al pratico e disse:


    "Bene, ultima domanda teorica e poi passiamo alla prova pratica Signorina Moonstone!
    Mi parli dell'incantesimo Salvio Hexia!"


    Vediamo se con quest'ultima domanda la metteva in crisi o lo avrebbe fatto col pratico.
     
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  9. Kety100
     
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    Mentalmente ringraziai mia sorella per tutte le ripetizioni che mi aveva fatto, ed in particolare per la sua fissazione con le pozioni … certo, sapevo il fatto mio e sapevo prepararle – dopo anni il professore aveva deciso che mi sarei dedicata esclusivamente alla teoria –, ma farle in pratica era tutta un’altra cosa. Pregai che preparare una pozione non facesse parte della prova pratica e mi apprestai a rispondere alla successiva domanda.
    “L’incantesimo Savio Hexia è un incanto difensivo molto complesso, che difende una zona ben delimitata e la cela agli occhi del nemico … la si può utilizzare, ad esempio, per nascondere una tenda o un locale. E’ un incantesimo difensivo molto potente capace di occultare una zona rendendo impossibile vedere o sentire quello che accade all'interno di essa, ma non protegge da eventuali incantesimi. Per ripararsi almeno dagli incantesimi più semplici è consigliabile usare congiuntamente Protego Totalis. Dopo essere stato evocato, l’incantesimo è invisibile sia da dentro l’area che da fuori”
    Risposi. Certo, era in effetti una risposta meno esauriente della prima, ma gli incantesimi di protezione non erano mai venuti troppo bene né a me né a mia sorella.
     
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  10. Dalila Lico
     
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    RUOLO COME LENA ACQUARIUS, VISTA LA SUA LATITANZA.



    La candidata rispose magnificamente, dando dimostrazione, nuovamente, delle sue capacità. Aveva esplicato in maniera ottimale gli effetti dell'incanto, i suoi utilizzi ed aveva ampliato l'argomento con dei consigli, comunque al Capo Auror già noti.
    Appuntò tutto sul quaderno ed annuì in segno di approvazione.
    Tuttavia, anche se a livello teorico la donna se l'era cavata piuttosto bene, era arrivata la prova finale, ovvero la prova pratica. Aveva pensato molto a come ideare quel genere d'esame. Alla fine aveva deciso che la giovane avrebbe dovuto affrontare una creatura.
    Si alzò in piedi e, allungò il braccio verso la signorina Moonstone.
    << Ora ci smaterializzeremo per la prova finale. E' pronta?>>
    Chiese.
    Poi, una volta che ella ebbe afferrato l'arto, si smaterializzarono verso una locazione ignota.
    Atterrarono dall'altra parte del mondo. Faceva molto caldo, il che lasciava supporre che fosse una zona tropicale. Ed infatti era così, ma Lena non avrebbe mai rivelato dove si trovavano.
    Le tenebre avvolgevano le due donne, che si trovavano al centro di un prato ombroso. Nel giardino c'era qualche albero, ma il particolare più preoccupante, era la presenza di un bambino. A qualche miglio di distanza, c'era una casa e si sentivano le urla della madre del piccolo fuggiasco.
    La donna parve sconcertata, ma il Capo Auror schiarì ogni dubbio.
    << Per un Auror, avere ottime capacità è importante, ma l'abilità nel parlare ed essere democratici è fondamentale. Prima di arrivare ad uno scontro, noi cerchiamo di parlamentare con i nostri avversari. Quel bambino lo abbiamo trovato mentre scappava da casa perchè ha paura della reazione dei suoi genitori verso il brutto voto che ha preso a scuola. Ma la sfida, non consiste solo nel convincerlo a tornare a casa, ma anche nel salvarlo. Qui in giro, infatti, ci sono parecchi Lethifold e uno di loro si trova dietro quella quercia. Lo so, perchè ce lo abbiamo messo noi. Mi mostri cosa è capace di fare.>>
    Disse, in modo sereno ma timoroso. Era una sfida ardua, ne andava dell'incolumità di un povero innocente e lei non poteva permettere che accadesse qualcosa di tragico. Era nelle mani della candidata il compito di salvare il piccolo. E lei era lì solo per controllare e valutarla.
     
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  11. Kety100
     
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    C’era una cosa molto importante, anzi direi fondamentale, da sapere su di me: odiavo smaterializzarmi. Ero sempre stata troppo distratta per concentrarmi alla perfezione sul luogo in cui apparire, per non parlare del fatto che mi mandava in subbuglio lo stomaco, facendomi venire voglia di vomitare – e le prime volte era anche successo, effettivamente –. Ergo no, non ero pronta a smaterializzarmi, ma che scelta avevo? Le dicevo di stare tranquilla, che andavo a piedi? No, decisamente no, non si faceva … quindi ignorai la nausea e la presi per un braccio, sforzandomi di concentrarmi su altro mentre l’oramai familiare sensazione di vuoto allo stomaco mi prendeva.
    Riapparimmo in un clima chiaramente caldo, probabilmente tropicale … era buio, ergo ci trovavamo più o meno dall’altra parte del mondo visto che in Inghilterra era giorno. Alzai le sopracciglia nel vedere il bambino – quasi immobile che ci fissava come se fossimo spuntate dal null … oh, giusto – praticamente immobile e nel sentire la madre del piccolo urlare all’interno della casa. Era quasi peggio della mia: almeno l’amorevole mamma che mi aveva cresciuto non strillava di rabbia. Anche se c’erano volte in cui l’avrei preferito.
    Mi strofinai lo stomaco con una mano, levandomi il giubbotto ed infilandomelo in tasca – anche questa dotata di Incantesimo Estensivo Irriconoscibile, chiaro –: sotto portavo semplicemente una canottiera scura e abbastanza leggera, che non mi faceva sentire troppo il caldo. Certo, probabilmente il colorito verdognolo e l’aria di qualcuno che sta per vomitare non mi donavano particolarmente, ma quando il mio futuro capo finì di parlare mi ero già ripresa. Ora sorgeva il problema principale: diplomazia? Abilità nel parlare? Certo, ero molto brava a parlare … a vanvera. Ero molto più abile nel prendere a calci il cattivo di turno, della serie: prima lo immobilizzo e poi andiamo a prendere il thé assieme. Ma non potevo risponderle una cosa simile e, soprattutto, non potevo picchiare un bambino che era fuggito per un brutto voto a scuola: era comprensibile, santo Merlino! Beh, se non altro avevo gli anfibi, che erano ottimi per correre e si pulivano abbastanza facilmente, anche se mi stavo cuocendo i piedi. Immagino che nessuno sia perfetto.
    “O, velikiy ...”
    Borbottai a mezza voce, prima di infilarmi una mano in tasca per assicurarmi di avere la bacchetta a portata di mano – non sia mai che mi ritrovi a dover annaspare alla ricerca di quel benedetto bastoncino! – e avanzare lentamente verso il bambino, che continuava a fissarmi. Non sembrava spaventato, né in procinto di mettersi a gridare né altro. Era perfettamente padrone di se e si limitava a fissarmi, quindi gli sorrisi, non sapendo bene che dire. Sentivo l’incredibile voglia di fondermi con le ombre sparire, ringraziare tanto per il colloquio e tornare a gestire il Madama, ma non potevo: era uno dei pochi modi per sfuggire alla mia famiglia e al contempo per fare ciò che più adoravo, ovvero rischiare la vita. Ci sono priorità e priorità ragazzi, non giudicate.
    “Beh … buonasera. Credo, visto che è notte dovrei forse dirti buonanotte? Tu che ne pensi? Perché io credo che …”
    Una risatina leggera mi interruppe: il bimbo stava ridacchiando, coprendosi la bocca con una mano. Chissà se parlava inglese poi, vabbeh … gonfiai lievemente le guance, guardandolo male.
    “Perché ridi?”
    Chiesi infine, lanciandogli un’occhiata quando smise di ridacchiare così forte. Di quel passo avrebbe attirato un bel po’ di Lethifold.
    “Perché sei buffa. Dici cose strane e le dici con una pronuncia strana, è divertente”
    Grande, un moccioso mi riteneva divertente. Quello era un esame per diventare auror e questo rideva … beh, contento lui, io mi limitai a ridacchiare e scuotere la testa, passandomi una mano fra i capelli.
    “Suppongo di doverti ringraziare, ragazzino”
    “Mi Christian, ma puoi chiamarmi Chris”
    “Io Katrina, ma devi chiamarmi Kat. Che ci fai qui da solo?”
    Scambio di battute geniali a parte, mi accoccolai a terra, sedendomi sui talloni e guardandolo, mentre mi spiegava ciò che già sapevo, ovvero che sua madre era molto arrabbiata per il brutto voto in matematica e che lui era scappato.
    “Mi sembra un ottimo motivo, anche se magari proprio scappare di casa è un po’ eccessivo dal mio punto di vista, ma si può fare. Voglio dire, fai bene ad essere arrabbiato: sei un bambino intelligente, immagino che tu voglia dimostrare a tutti che si sbagliano nel pensare il contrario” lo vidi annuire leggermente e mi avvicinai, porgendogli la mano. “Anzi, sai che ti dico? Ora devi assolutamente tornare dentro e farle quell’espressione! La sai fare, no? Ti sei solo fatto prendere dall’ansia, ma adesso sei più tranquillo.”
    Lo vidi afferrare la mia mano e stringerla, mentre lo portavo verso la casa. Passammo davanti all’albero e non mi girai, nemmeno quando sentii un lievissimo fruscio dietro di me, segno che il Lethifold aveva deciso di farci compagnia.
    “Scommetto che non riesci ad arrivare alla porta di casa e ad entrare in meno di un minuto”
    Affermai all’improvviso, senza minimamente fermarmi e andando con la mano destra verso la tasca della bacchetta. Quasi a contraddirmi, il giovane mi rivolse uno sguardo di sfida e si mise a correre verso la casa, sbattendosi la porta alle spalle dopo una linguaccia. Gli sorrisi, prendendo un pizzico di polvere buio pesto e lanciandola contro la finestra, che si offuscò immediatamente, concentrandomi poi sul mio ricordo più felice, pescando quasi a caso una giornata passata a fare palle di neve con le mie sorelle e lasciando che mi invadesse completamente, facendomi in effetti spuntare un sorriso … assieme ad una lince argentea, che ringhiò in silenzio contro il velo vivente e lo respinse, ributtandolo lontano dal sentiero, mentre mi allontanavo con l’animale semitrasparente che mi fluttuava affianco, pronto a proteggermi da eventuali attacchi. Ci ero riuscita, anche se in modo non molto ortodosso … credo.
     
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    Waiting!
    Guardai da lontano la giovane Moonstone, attenta ad intervenire in extremis se non ci sarebbe riuscita.
    La giovane russa, la sorprese riuscendo a dialogare col piccolo che era fuggito di casa, era rimasta sempre allerta, il piccolo aveva capito il suo errore e appena la candidata per il posto da Auror gli lanciò la sfida per dimostrare chi era il più veloce, il piccolo corse verso casa e si chiuse dentro mentre Katrina pensò al suo ricordo più felice ed evocò un Incanto Patronus per difendersi dal Lethifold.
    Appena dalla punta della bacchetta uscì una lince argentata il mostro scappò a nascondersi.
    Appena la candidata fu sicura che il mostro era scappato, iniziò a venire verso di me e le dissi:


    "Bene, direi che con questa prova hai dimostrato tutto il tuo valore.
    Ora fai ufficialmente parte del corpo Ministeriale degli Auror."


    Allungò il braccio verso la nuova Auror e aspettò che lo prendesse per poi riportarla nel suo ufficio al Ministero.
     
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